Poeta latino. Condusse i primi studi di grammatica e retorica a Bilbili e a
Tarracona, in Iberia. Verso il 64 si trasferì a Roma, rimanendovi fino al
98. Ebbe dapprima l'appoggio di uomini importanti come Seneca, A. Mella, G.
Gallione, appartenenti alle potenti famiglie iberiche, ma in seguito al
fallimento della congiura pisoniana del 65 si trovò privo di amici e di
aiuti. Assillato dalle necessità economiche, fu costretto a cercar
patroni e a piegarsi alla condizione di cliente, sperando di ottenere benefici
in cambio della propria adulazione e dei propri servizi. Si dedicò al
genere dell'epigramma; ne scrisse in tutto 1.555, per lo più in distici
elegiaci, raccolti in 15 libri complessivi. Il primo libro, il
Liber de
spectaculis, fu scritto nell'80 in occasione delle feste di inaugurazione
dell'Anfiteatro Flavio. In esso
M. esaltò l'imperatore Tito,
ottenendo l'ammissione all'ordine equestre; ma ciò non fu sufficiente a
migliorare la sua situazione finanziaria. Adulò l'imperatore Domiziano,
senza molto successo. Tra l'84 e l'85 compose i due libri
Xenia e
Apophoreta (il 13° e il 14° della raccolta), in cui
tratteggiò quadretti vivaci e piccanti relativi alla vita mondana romana.
Il periodo più fecondo furono gli anni 88-94, in cui
M.
pubblicò dieci libri di epigrammi. Nel 98 il poeta, tormentato dalla pena
segreta di rivedere la patria, si allontanò da Roma e tornò a
Bilbili, la sua cittadina natale, dove pubblicò nel 102 il 12° libro
di epigrammi. Là ebbe in dono da Marcella, ricca vedova sua ammiratrice,
un podere che gli consentì di vivere agiatamente gli ultimi anni di vita.
Secondo i modelli della tradizione ellenistica, il contenuto degli epigrammi
è vario: non mancano le dichiarazioni della propria poetica in cui
M. espone i suoi gusti letterari, il suo desiderio di un'arte ispirata
alla realtà della vita quotidiana. Tuttavia si rifà alla
tradizione satirica tipicamente latina quando si scaglia contro soggetti di ogni
ceto e condizione come i filosofi, gli avari, i ladri, i maestri di scuola, la
cerchia dei potenti e i potenti stessi, adulatori ignobili, fatui e viziosi
arricchiti. Di questi offre brevi ma acuti ritratti sarcastici e grotteschi,
pungenti nella loro
cauda, ossia nella battuta salace conclusiva,
offrendo una ricca testimonianza della variegata società della Roma
imperiale. Accanto a questa vena satirica vi si ritrova quella più
malinconica e profonda dei teneri epitaffi funerari per fanciulli, delle dediche
affettuose agli amici e della nostalgia per la terra natale. Considerato maestro
nel genere poetico dell'epigramma, ebbe ammiratori e imitatori: conosciuto nel
Medioevo con il nome di
Martialis Cocus, la sua opera incontrò
fortuna nell'Umanesimo e nel Rinascimento. Nel XIV sec. fu scoperto nella
biblioteca di Montecassino un codice contente i 15 libri di epigrammi e di qui
derivò l'
editio princeps del 1470 (Bilbili, Spagna Tarraconese 40
circa - 104 circa).